Incontro a Mestre con il Comune di Venezia a confronto con le giovani sentinelle del Giordano Bruno e Raimondo Franchetti
Mercoledì 30 marzo, penultimo degli appuntamenti in Veneto. Dopo la pausa pasquale siamo ritornati a Mestre. Nella Sala consiliare del Municipio ad attendere le giovani sentinelle dell’IIS G. Bruno e R. Franchetti, gli assessori del Comune di Venezia: quello alla Sicurezza, Giorgio D’Este, il collega alla Mobilità, Renato Boraso, il consigliere delegato all’Anticorruzione, il generale dei Carabinieri Ottavio Serena, il presidente della Commissione alle Politiche Educative, Matteo Senno, il Commissario Capo della Questura di Venezia, Jacopo Ballarin, che ha porto il saluto del Questore Angelo Sanna, da sempre vicino alle attività della Fondazione, il Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Mestre, Antonio Bisogno, e Alessandro Destro, ufficiale dei Carabinieri, anche lui partecipe nel tempo libero alle iniziative della Fondazione in tema di legalità.
Dopo un lungo periodo di silenzio sui temi della legalità e, in particolare sui progetti proposti dalle giovani sentinelle di Venezia, dovuto allo scarso interesse da parte della vecchia amministrazione, prima, e al commissariamento del Comune, poi, anche con il Commissario prefettizio che doveva rappresentare lo Stato, non ha incontrato i ragazzi del territorio, con l'incontro di oggi i giovani hanno finalmente trovato ascolto. La presenza dell'Amministrazione e delle tante personalità colma quel vuoto e rafforza la fiducia dei giovani e dei tanti genitori presenti nel dialogo e nel confronto quali strumenti indispensabili dell'esercizio della democrazia.
Giorgio D’Este ha salutato giovani e adulti a nome di tutta l'Amministrazione e ha lodato i ragazzi, ragazze e la scuola per l'impegno e la sensibilità verso la legalità e l’orientamento ai valori che è alla radice di questo progetto.
Subito dopo il dirigente scolastico, Roberto Gaudio, ha voluto ribadire l'impegno e la collaborazione dell’istituto al progetto grazie al prezioso lavoro dei docenti Alessandra Artusi, Irene Raspanti e Giovanni Millino, lavoro svolto con passione con i propri studenti e studentesse sui temi della legalità e della cittadinanza attiva.
La Fondazione ha illustrato l'articolazione del progetto e ricordato ai presenti di come, ad ogni incontro, i giovani riescono nelle loro presentazioni a stupire e ad affascinare con le proprie proposte, testimonianza di una scuola attenta e partecipe alla formazione dei propri cittadini.
A nome di tutta la IV G del Liceo scientifico Giordano Bruno hanno introdotto il tema: La sicurezza in città – il punto di vista degli adolescenti Walter, Muhammed, Riccardo, Valeria e Federica.
Con l'ausilio di slide hanno sottolineato la loro preoccupazione e il loro senso di insicurezza per il degrado in cui versano alcune zone della città. Ciò li ha indotti a sottoporre un breve questionario ai compagni da cui sono emersi risultati che imponevano una più ampia riflessione. Ne hanno pertanto preparato uno somministrandolo agli oltre 600 studenti del loro istituto.
Il 49% dei ragazzi si sente insicuro a causa della multiculturalità, il 40% teme il traffico di stupefacenti, il 36% gli episodi di ubriachezza. Gli studenti segnalano come degradate le zone di via Piave, la stazione e i parchi. In via Piave il 64% dei maschi e il 79% delle femmine dichiarano che avrebbero paura a girare di notte. Il 52% dei ragazzi è stato testimone o vittima di episodi di ubriachezza, il 41% di liti violenti, il 37% di discriminazione.
Hanno poi intervistato i loro coetanei e studiato i fatti di cronaca riportati dai quotidiani locali. La Nuova Venezia del 19 febbraio 2016 riporta la notizia che nei parchi vengono rinvenute 10.000 siringhe all’anno, in via Carducci saranno rimosse la panchina e la tettoia per questioni di sicurezza; sia i ragazzi, sia i negozianti dell’ex ospedale Umberto I percepiscono la zona come un “buco nero”. Un coetaneo intervistato ha detto che la zona è meta di malintenzionati, favoriti da una scarsa illuminazione: non vi è traccia di passanti, come invece accadeva fino a otto anni fa, quando l’ospedale era ancora attivo.
Ora è sorto un comitato “Mestre off limits” per una Mestre più sicura: denuncia lo spaccio, lo sfruttamento della prostituzione, atti vandalici alle automobili parcheggiate, sporcizia, un degrado che investe innanzitutto via Carducci e le vie limitrofe.
I ragazzi hanno incontrato, inoltre, il capitano dei carabinieri Antonio Bisogno, che ha detto loro che l’intervento delle forze dell’ordine non può essere risolutivo se non con il recupero delle zone degradate.
Gli spacciatori vengono acciuffati con quantità esigue di sostanze e restano una sola notte in caserma, così accade anche per il vandalismo per la mancanza di denunce da parte dei cittadini.
Dalle risposte dei loro coetanei emergono alcune richieste: aumento del dispiegamento delle forze dell’ordine; presidi fissi sul territorio; sorveglianza e chiusura notturna dei parchi; più telecamere; riqualificazione delle zone degradate.
Rimangono ovviamente importanti i valori della solidarietà, della coerenza etica.
Hanno poi preso la parola Victoria, Marco, Margherita e Davide della I C del Liceo classico Franchetti (terzo anno) per introdurre il tema delle baby gang, un approfondimento più specifico del tema scelto dai loro compagni del Bruno. Hanno denunciato la disillusione nei confronti dello Stato e di molti adulti, l’indifferenza in generale, anche verso la criminalità: questi sono disvalori che immettono nella convivenza civile un sistema di relazioni basato sulla sopraffazione e minano uno dei fondamenti della democrazia: la partecipazione.
Gli studenti, nei mesi scorsi hanno intervistato i due assessori Giorgio D’Este e Simone Venturini, Gianfranco Bettin, ambientalista e già amministratore di Venezia, e l'ufficiale dei Carabinieri Alessandro Destro. Hanno inoltre esaminato novanta articoli dei due quotidiani locali, La Nuova Venezia e il Gazzettino.
Sulle baby gang sono emersi due pareri differenti, e in un certo qual modo opposti: i due assessori minimizzavano, dicendo che non si trattava di vere e proprie baby gang; Gianfranco Bettin invece era più orientato a considerarle tali.
Questi gruppi di giovani che delinquono aspirano ad arricchirsi e avere potere, come nelle baby gang. Tuttavia i ragazzi hanno sottolineato che la definizione baby gang è frutto di una semplificazione giornalistica, che non distingue tra violenza e violenza.
Hanno ravvisato la causa prima delle baby gang nella debole educazione alla cittadinanza: lo Stato non deve perdere la capacità di istruire i propri cittadini. L’educazione non sarà probabilmente sufficiente per eliminare del tutto il fenomeno, ma ha un ruolo significativo. Manca inoltre la coesione sociale, il senso di appartenenza alla comunità che – dicono – un tempo era più forte. Inoltre i ragazzi hanno invitato a una differente sensibilità nei confronti dei rei, che valuti maggiormente la rieducazione rispetto alla necessità della pena. Altre cause sono un diffuso malessere, in alcuni casi i familiari già criminali.
I ragazzi rilevano che nel 2015 i reati connessi con il consumo di stupefacenti sono aumentati vertiginosamente: vi sono anche adolescenti che spacciano, poiché risultano maggiormente convincenti; non è possibile definirli veri criminali, ma è senza dubbio criminale il giro di vendita.
Inoltre i ragazzi hanno messo in evidenza un cambio di rotta di questa amministrazione comunale rispetto alla precedente: più attenta ad aumentare i cani antidroga e la polizia locale, mentre ha accantonato i precedenti progetti pilota con – ad esempio – psicologi che agivano per la strada.
La domanda conclusiva è: lo Stato e le Istituzioni hanno ancora interesse a educare i propri cittadini, vogliono ancora investire nell’istruzione degli adolescenti o - con mancanza di lungimiranza - questo è ritenuto un progetto troppo a lungo termine?
La Fondazione ha ripreso la parola per ribadire quanto emerso dalle esperienze in altre zone d'Italia. L'intervento delle forze dell'ordine spesso avviene quando sul territorio il degrado è oramai ai massimi livelli, mentre bisogna fare prevenzione anche riappropriandosi degli spazi pubblici, favorendone l'uso e la presenza di giovani e cittadini con la concessione di licenze per attività economiche e ludiche nei luoghi a rischio, evitando il proliferare di licenze a "spacci di bevande alcoliche" che celano tra l'altro forme di riciclaggio del denaro sporco. Occorre ascoltare i quartieri, contrastare la logica delle speculazioni e lo svuotamento dei centri storici perché sono le attività e la presenza dei cittadini la migliore difesa degli spazi. La realtà dell'ex ospedale Umberto I non si discosta dalle denunce dei tanti ragazzi che hanno fatto notare le archeologie industriali, testimonianze di economie passate in zone centrali e oggi, dopo il loro sfruttamento, abbandonate a se stesse. Le amministrazioni sono bloccate da banche che vantano grossi crediti, o dalle burocrazie, o, ancor peggio, dalla mancanza di risorse!
Abbiamo ricordato la nostra mozione che indica alcuni percorsi per recuperare i finanziamenti. Ma a distanza di un anno dal suo lancio – l'abbiamo nuovamente riproposta in questo ciclo di incontri - dei 53 comuni, 13 province e 3 regioni cui l'abbiamo inviata e illustrata solo 3 amministrazioni comunali l'hanno approvata!
Al terzo degli appuntamenti del progetto, quando i giovani incontrano le Istituzioni provinciali, regionali e nazionali, la presenza di sindaci e assessori sarebbe necessaria a sollecitare, con proposte più condivise, impegni concreti e immediati di Parlamento e Governo. Invece gli amministratori locali sono assenti vediamo spesso invece l'assenza di loro accanto ai propri giovani cittadini.
Siamo testimoni dell'assenza di collegamento e coordinamento fra le istituzioni dello Stato: una caserma chiusa da vent'anni mentre, accanto, una scuola - l'Istituto Petrocchi di Pistoia - non ha spazi. Ancora, paradossalmente, i vincoli di qualche Soprintendenza favoriscono il deterioramento di altri beni. Dei beni confiscati alla mafia - secondo una stima oltre 12.000 - solo un quarto sono tornati nelle disponibilità delle comunità.
Si preferisce cambiare la nostra Carta Costituzionale tanta cara ad Antonino Caponnetto e a tanti uomini giusti e non si riesce a modificare una norma per far parlare tra loro questi pezzi dello Stato.
Custodi delle Istituzioni continueremo a richiamare alla responsabilità e alla coerenza e per questo invieremo nuovamente prima del terzo incontro la nostra mozione.
L’assessore Giorgio D’Este si è complimentato per la passione e la forte attenzione dei giovani e ha invitato a essere prudenti nell’adoperare parole come baby gang.
Il generale Ottavio Serena ha concordato che si rileva un clima di insicurezza fra i cittadini ma l’aumento di pattuglie, il miglioramento dell’illuminazione e la predisposizione di telecamere non sono possibili per i tagli che ci sono stati, anche se si cerca di andare in quella direzione. Il Comune ha necessità di bandire un concorso per settanta vigili, ma è stato bloccato per il patto di stabilità. Il generale abita nel centro di Mestre e nota effettivamente, dopo le venti, che i mestrini stanno a casa. I ragazzi hanno dunque ben fotografato la realtà della loro città. Ha sostenuto che bisogna puntare alla riqualificazione del territorio perché la militarizzazione non risolve, e su questo la fondazione concorda.
Antonio Lima, capitano trentatreenne della Guardia di Finanza ha richiamato il valore dell’educazione, così come lo hanno posto i ragazzi, e ha raccontato di un profugo dalla Siria che lamentava di non avere futuro perché non aveva ricevuto istruzione. Esterrefatto del consumo di droga dei minorenni ha invitato i presenti a sentire il dovere morale di dare il buon esempio; Meglio investire un euro in educazione piuttosto che in polizia? La mafia è trasversale e la scuola è il luogo giusto per prevenirla, è la sua risposta, e non dobbiamo sentire il bisogno di un poliziotto accanto a ogni cittadino.
Matteo Senno, giovanissimo presidente della Commissione per le politiche giovanili, ha sottolineato come sia importante la prevenzione, il cambio di cultura, l’informazione e il confronto con le istituzioni e le forze dell’ordine.
L’assessore alla mobilità Renato Boraso ha posto la questione del milione di euro di danni che ogni anno costano alla comunità il vandalismo alle strutture di supporto dei mezzi pubblici. Ha invitato a diffondere a tutti gli istituti il lavoro degli studenti, poiché il senso civico di questi ragazzi potrebbe contagiare tutti noi e tutta la nostra città, e a scegliere un soggetto territoriale da animare: l’amministrazione starà loro vicino come con Viva Piraghetto. Ha sottolineato che la soluzione dell’ex Umberto I è purtroppo compromessa da due fattori: gli edifici sono non abbattibili perché storici; le banche hanno fermato qualsiasi progettualità sul territorio perché vantano un credito di 70 milioni di euro.
Il commissario capo della Questura Iacopo Ballarin si è soffermato sulla denominazione baby gang, che non si adatterebbe alla realtà mestrina, poiché i rei non hanno una gerarchia precisa. Essi compiono atti “cattivi” nei confronti dei soggetti deboli, in particolare dei bengalesi, che sono un popolo relativamente pacifico. Fanno rapine e lesioni personali. Il minimo comune denominatore è la totale mancanza di educazione, mentre per il resto sono trasversali sia come provenienza sociale, sia come etnia di provenienza. La sola risposta repressiva sta a significare che a monte non è stato fatto un lavoro adeguato.
Lo studente Marco Visentin ha ripreso la parola per puntualizzare che con i suoi compagni hanno riferito le due diverse tesi su questi gruppi: se siano o meno delle baby gang. Al di là di ciò, questi gruppi criminali esistono. Nelle scuole l’educazione è un fantasma e loro sono fortunati ad avere degli ottimi insegnanti che li guidano in percorsi interessanti e vari. Ha chiuso ribadendo l’importanza del reinserimento dei rei piuttosto che la loro punizione dura.
Alessandro Destro ha sottolineato che i ragazzi di fatto comprano la droga, quindi vi è una richiesta e dove c'è richiesta c'è un'offerta, bisogna perciò intervenire nel non comprare droga e non ubriacarsi.
Aggiungiamo noi: far prevalere lo sballo della Cultura!
Giusy Sazio dell’Istituto Algarotti e nostra referente per Venezia ha ringraziato l’amministrazione che ha ascoltato i ragazzi per la prima volta. È dispiaciuta per il dato così alto della paura della multiculturalità e per invertire la tendenza è necessario investire nel dialogo e nel confronto, non esistendo alcuna formula magica.
Avremmo potuto chiudere i lavori con la replica dello studente Marco, con la sua proprietà di linguaggio, con la sua estrema chiarezza nel ribadire che si possono utilizzare toni e definizioni differenti ma i dati dicono il contrario.
Rapine, lesioni, aggressioni e odio razziale ci fanno capire che non abbiamo a che fare con chierichetti e non bastano neppure i cani antidroga, modello tentato di trasferire in maniera deleteria anche nelle scuole e quindi, prima di lasciarci cogliere dai luoghi comuni che la mafia, la criminalità, le cose negative sono sempre nell'orto del vicino, vale la buona scuola, i buoni insegnanti, la buona politica e i buoni esempi che fanno una buona comunità.
Esemplare, e di questo ringraziamo l'amministrazione e i cittadini ma soprattutto i ragazzi e gli insegnanti che hanno saputo affascinare i presenti perché è raro vedere una platea dove l'incontro doveva terminare alle 18.30 e abbiamo terminato alle 19.00 ancora tutti presenti e i dipendenti dopo ancora una mezz'ora hanno dovuto abbassare le luci per chiedere gentilmente ai capannelli presenti di abbandonare l'assemblea. Ci siamo dati appuntamenti per il 27 maggio ospiti della Regione Veneto, sperando che vogliano imitare l'amministrazione di Venezia nel confronto e dialogo.
Editore Domenico Bilotta
Responsabile Nazionale Progetto Scuola
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