L'appuntamento di Padova è stato straordinariamente ricco e pieno di emozioni. Per darne conto il report è necessariamente lungo e particolareggiato, ma pieno di sorprese e dettagli che rendono giustizia all'impegno e alla passione delle giovani sentinelle. Buona lettura.
Per vedere il video
Le foto
Venerdì 27 maggio, nella bella Multisala Pio X a Padova, 400 ragazzi e ragazze degli istituti delle province di Padova, Rovigo e Venezia hanno per la prima volta sperimentato la loro Conferenza regionale conclusiva del percorso di educazione alla legalità, guidati dai loro dirigenti e insegnanti, dando esempio, con la loro gioia e il loro impegno, di cittadini modello.
Quando si è aperto il sipario il coro del tribunale di Padova, diretto dall’avv. Fabio Amato e accompagnato da un gruppo di studenti delle scuole di Padova, ha cantato La vita è bella. Sullo schermo è apparsa l’immagine, scelta dagli studenti del Valle, dei giudici Falcone, Borsellino e Caponnetto ritratti in un momento di gioia. La Fondazione ha ringraziato il coro per il percorso intrapreso in questi anni insieme, per il lavoro comune, per l'impegno con cui, grazie ai diversi linguaggi, si possono toccare le corde più profonde e fare legalità. Nonno Nino amava il violino e la musica e ancora una volta, dopo la Sicilia, abbiamo voluto iniziare con la musica, con le emozioni, con quella passione grazie alla quale Antonino Caponnetto chiamava a raccolta, incitandoli, Uomini e donne che credete in un rinnovamento se ci siete battete un colpo.
Umberto Lucentini, giornalista per molti anni del Giornale di Sicilia, Europeo, Corriere della Sera, Il Sole 24 ore, collaboratore del Fatto di Enzo Biagi, Tv7 del Tg1 e dell'Espresso, e autore del volume Paolo Borsellino ha illustrato la foto dei giudici che era ancora ferma sullo schermo ricordando che era stata scattata in occasione della festa per la nomina di Paolo Borsellino a procuratore di Marsala. Ha ricordato i simboli presenti in sala, importanti per la nostra vita e per tutti noi: Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza, magistrati senza toga, ma presenti con noi. Lucentini ha proseguito: «Sono venuto da Palermo, mi sento importante perché ho tanti studenti qui, ho tanti amici a Padova, che fanno parte delle forze di polizia, e fanno volontariato senza la divisa. Voi Veneti avete una marcia in più, sapete fare il volontariato in modo organizzato. Conoscete la canzone di Jovanotti? ‘Sono un ragazzo fortunato’: ecco io sono un ragazzo fortunato. Nella mia vita ho avuto l’occasione di conoscere Falcone, Borsellino e Caponnetto».
Sul palco l’avvocato Giovanni La Monica del Coro del Tribunale ha raccontato di avere origini siciliane, ma è anche veneto: ha il cuore in tutte e due le terre; nel coro ognuno ha una voce diversa, nessuno intende cambiare gli altri, ma tutti devono concorrere al fine comune, che nel caso del coro è la melodia. Ognuno di voi - ha proseguito - è importante, non ascoltate mai chi dice che siete piccoli.
Vartan Giacomelli, Sostituto Procuratore della Repubblica e componente del Coro, ha letto la lettera inviata dal Procuratore Nazionale Antimafia dott. Franco Roberti che è stata poi consegnata alle scuole avvolta nel nastro tricolore. A ritirarla dirigenti e vicari delle scuole: Marcello Costa della secondaria di primo grado J.F. Kennedy di Santa Giustina in Colle; Laura Casasola, vicaria dell’Istituto Professionale Valle di Padova; Irene Raspanti dell’IIS Bruno Franchetti di Mestre; Fabiola Baldo della scuola Briosco di Padova; Vincenzo Boscolo dell'Istituto professionale di Porto Tolle; Andrea Antonioli della scuola Cavalletto di Padova; Patrizia Locatelli dell’istituto Algarotti di Venezia.
Alessandro Sallusto ha portato il saluto del prefetto di Padova.
La Fondazione ha poi illustrato ai presenti le varie fasi del progetto: gli incontri a scuola e il confronto in marzo con i propri Amministratori locali e fatto notare che la Conferenza regionale ha valore formativo ed educativo altrettanto importante perché i giovani hanno modo di confrontarsi con la Regione e insieme alle istituzioni locali affrontare meglio i temi che hanno studiato. La latitanza del presidente della Regione, Luca Zaia, e dell'assessora all'Istruzione, Elena Donazzan, che non hanno accolto e non si sono confrontati con i propri giovani cittadini è ancora più grave perché ragazzi e ragazze hanno in questi anni ripetuto loro l'invito e la Regione Veneto non ha mai risposto. La Fondazione ha sempre informato la Regione con la mailing-list che tutti ricevono e ha inoltre interloquito telefonicamente con le loro segreterie, illustrando il progetto e sollecitandoli ad accogliere i giovani, ma senza successo.
Il loro silenzio è inqualificabile e ci chiediamo come può una Regione, una istituzione della nostra Repubblica, non ascoltare questi 400 ragazzi e ragazze, come può continuare a tacere, perché il suo silenzio fa più paura della mafia, perché il silenzio è inafferrabile e indecifrabile, impalpabile non consente l'esercizio dell'intelligenza e, per queste ragioni, il nostro allarme è così forte e non cesserà fintanto che non saremo riusciti a squarciare questo velo che oscura le voci. Ci auguriamo che al nostro appello si uniscano anche le sollecitazioni delle istituzioni locali presenti all’incontro nei confronti di chi ha il governo della cosa pubblica nella Regione Veneto perché, altrimenti, il loro silenzio significherà complicità.
Nel ringraziare il procuratore Roberti, la Fondazione ha ricordato la risposta che lo stesso aveva dato ai giornalisti al suo insediamento: «la mafia si può sconfiggere? Si se lo Stato lo vuole».
Aggiungiamo che siamo tutti chiamati ad essere responsabili e coerenti e Caponnetto esortava i ragazzi ad essere vigili, il futuro è nelle loro mani, non bisogna farselo scippare, mentre agli adulti ripeteva l'esortazione a fare pulizia nei propri ranghi.
Umberto Lucentini ha ringraziato le forze di polizia: Licia, Enzo, Michele e Giovanni e con i loro nomi, intendeva anche riferirsi a tanti altri; e le brave hostess in sala, ragazzi e ragazze in stage della scuola Cavalletto in convenzione con l’istituto Valle, coordinate dal loro insegnante, Andrea Antonioli.
Renzo Paolo Vedova, responsabile dei progetti educativi dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Padova, nel suo intervento ha ricordato ai giovani che la scuola è in prima linea contro tutte le ingiustizie, ha augurato loro un futuro ricco di gioia e di sorrisi, ma al tempo stesso li ha invitati a vigilare, a coltivare e a custodire la memoria.
Davide, studente di Porto Tolle, ha avuto il compito di leggere i nomi delle vittime delle stragi, che Umberto Lucentini non riusciva a fare poiché conosceva direttamente alcuni di essi e l’emozione era troppo forte: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinari, Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
La Fondazione ha ricordato i nomi delle vittime dell'attentato di via dei Georgofili a Firenze: Dario Capolicchio, Angela Maria Fiume in Nencioni, Caterina Nencioni (40 gg), Fabrizio Nencioni, Nadia Nencioni (9 anni) perché il 27 maggio ricorreva il ventitreesimo anniversario.
La conferenza è proseguita con una breve intervista a cura di Umberto Lucentini e chi era stato fino ad allora sul palco in piedi ed emozionato ha lasciato lo spazio agli ospiti: il primo dirigente della Polizia di Stato, Alessandro Meneghini, il capitano dei carabinieri Alessandro Bonini, il capocentro per il Triveneto della Direzione Investigativa Antimafia, colonnello dei Carabinieri Roberto Zuliani che hanno ricordato il 23 maggio del 1992. Hanno rammentato lo sconforto, le emozioni che ebbero il sopravvento. Poi, però, scattò la risposta dello Stato, in varie forme, tra le quali importanti innovazioni legislative. Hanno ringraziato la Fondazione e la scuola per queste attività educative fondamentali: pur dotato di strumenti repressivi, la scuola e l'educazione sono quelli più efficaci per formare i cittadini alla legalità. Hanno invitato i giovani a testimoniare i valori, per rendere migliore la nostra Repubblica e il nostro Paese. Falcone aveva visto lontano: la mafia non ha più frontiere, la mafia è imprenditoriale, la mafia è una mentalità. Noi non dobbiamo adottare mentalità mafiose. Anche le forme di bullismo possono essere espressione del mafioso che si impone sui più deboli, anche per questo è necessario rispettare le regole.
La scuola primaria dell’Istituto Andrea Briosco è stata la prima ad illustrare il proprio progetto. Ad accompagnarla l’assessora con delega al Decentramento e Quartieri del Comune di Padova, Marina Buffoni, che ha apprezzato il percorso sulla legalità agito sotto l’immagine dei tre uomini straordinari proiettati sullo schermo del teatro. Proprio la suggestione del tragico 1992 ha costituito per lei la molla per l'impegno politico. Fabiola Baldo, vicaria dell’istituto, ha avuto il compito di anticipare i temi che ragazzi e ragazze hanno approfondito: il bullismo con una prospettiva nuova, con l'impegno a riscrivere l’alfabeto della legalità anche attraverso le immagini.
Giorgia e Martina hanno dato il via alla lettura dell’alfabeto della legalità. Hanno proseguito dicendo che quando a scuola arriva un compagno nuovo lo trattano dolcemente, così da lasciare nel suo cuore una parte di loro.
Con una lettera al Sindaco, hanno chiesto più sicurezza: andando a scuola o al parco incontrano ragazzi più grandi che li infastidiscono, rompono i loro cestini, prendono a calci i loro giochi, per questo hanno paura e hanno sollecitato una maggiore attenzione alle esigenze di coloro che abitano il quartiere Arcella.
Accanto ai bambini, oltre alle loro maestre: Alberta Nencini, Marina Avanzi, Antonella Ranieri, Rossana Colella, Eleonora Danieletto, vi sono anche i poliziotti di quartiere, Eugenio Rampazzo e Stefano Agostini, che hanno seguito il percorso dei ragazzi.
Hanno poi preso la parola quelli della secondaria Briosco, guidati dalle loro insegnanti Margherita Bovo, Antonella Barnaba e Laura Taurino. Hanno parlato di bullismo, esponendo anche parte del lavoro in lingua inglese, con l’aiuto di slide, mettendo in rilievo il rischio del cyberbullismo, l’attacco continuo, ripetuto e sistematico mediante la rete. Minacce, foto e altro viene divulgato e giunge in un lampo a milioni di persone. Il bullo virtuale non comprende le conseguenze delle proprie azioni, non decifra empaticamente la sofferenza della vittima, non la riconosce. Le conseguenze delle azioni commesse attraverso la rete sono sottovalutate.
Oltre al Coro la Fondazione ha voluto collaborare in questi anni con il teatro per affrontare la legalità con questo altro linguaggio, e ha ringraziato Micaela Grasso e Luca Bianchin, responsabile dell’ufficio scolastico del Teatro della Gran Guardia.FACELESS è la storia di una giovane vittima di cyberbullismo, a cui hanno sottratto l’account e lo hanno utilizzato per offendere dei docenti, teme sanzioni nei suoi confronti e non vuole più uscire di casa. L’amico non ne comprende il dolore e ride delle sofferenze delle vittime. Nel dialogo e soprattutto nell’espressione del dolore provato da parte della ragazza, anche il ragazzo comprende l’abisso che si apre dinanzi a una vittima di bullismo. La preparazione e il valore dei giovani attori ha colpito la platea che ha risposto con un caloroso applauso. È stato un momento emozionante, con la presenza in scena dei due splendidi protagonisti: Eleonora Fontana e Nicola Perin, e con questo spettacolo teatrale, proposto nelle scuole da qualche anno e si arricchiscono alcuni percorsi avviati dal Dipartimento della Pubblica Sicurezza in tema di bullismo e cyberbullismo.
Ad accompagnare ragazzi e ragazze dell’Istituto comprensivo di Santa Giustina in Colle erano il dirigente scolastico Marcello Costa, la vicaria Mimma Bumbaca e le insegnanti Paola Geremia, Rosa Palmesano e Federico Marchetto. Con loro l’amministrazione comunale: il sindaco Paolo Gallo e l’assessora all’Istruzione Franca Mengato.
Valentina Murariu e Andrea Carraro hanno esposto il loro tema: la realizzazione di un auditorium di cui possano usufruire le scuole medie ed elementari e l’intera comunità. Con l'ausilio di immagini che scorrevano sullo sfondo lo spazio aggregativo prendeva forma: dal progetto fino ad individuare coloro che vi lavoreranno. Oltre alle immagini anche un plastico molto suggestivo ed esplicativo.
L’auditorium dovrebbe ospitare tante attività, che ora si tengono in palestra: luogo di ritrovo per ragazzi e di riferimento pomeridiano; per fare ricerche; dove poter proiettare film, suonare; uno spazio espositivo di Arte e di Tecnologia, per i giovani; un luogo di inclusione di persone con disabilità o di stranieri, affinché non rimangano isolati. Previste anche la biblioteca, la sala computer, la sala riunioni, i bagni, la sala giochi, il bar, un luogo di ristoro per mangiare in compagnia, eccetera.
A realizzare il futuro auditorium dovranno essere imprese e professionisti del territorio. Il personale sarà scelto per titoli di studio, badando anche all’appartenenza al Comune e alle difficoltà economiche. Altre mansioni saranno svolte da volontari: la cura del verde, l’organizzazione di eventi, l’organizzazione di attività pomeridiane, l’aiuto nei compiti per casa, i corsi di italiano per stranieri. L’auditorium è un elemento di prevenzione della devianza giovanile, un posto sicuro e controllato, che ha il beneficio di evitare che i ragazzi frequentino cattive compagnie e compiano eventuali atti vandalici.
Il sindaco Paolo Gallo ha accompagnato i ragazzi a Roma, ai primi di maggio, dal presidente del senato, Pietro Grasso. Mentre sullo sfondo scorrevano le immagini della visita al Senato, il sindaco ha letto la lettera inviata dal Presidente per le giovani sentinelle e che ha lasciato in ricordo alle scuole partecipanti.
La Fondazione aveva anticipato e informato la Regione Veneto dell’incontro di marzo e della necessità di non lasciare sola l’Amministrazione e i ragazzi di Santa Giustina in Colle. L’appuntamento del 27 maggio avrebbe dovuto costituire un'occasione di riflessione e confronto per ricercare soluzioni condivise, ma l’assenza e il silenzio della Regione hanno dilapidato il lavoro di un anno e i sogni di questi ragazzi sono rimasti senza risposta.
I giovanissimi dell’Istituto comprensivo di Porto Tolle, con il vicario, Vincenzo Boscolo, e la loro insegnante, Sabrina Siviero, accompagnati dal sindaco dei ragazzi del Comune di Porto Tolle, Elisa Bortolotti, che indossa la fascia tricolore, e dall'assessore alla Pubblica Istruzione del Comune, Leonarda Ielasi, hanno approfondito tematiche ambientali, legate al territorio comunale.
Elisa Bortolotti, Genny Moretto e Devis Bertaggia della classe I C hanno affrontato la questione dei rifiuti trasportati dal delta del Po, chiedendo maggiore attenzione e controllo, certezza delle multe, promozione di un sistema ambientale pulito, sensibilizzazione e valorizzazione dei prodotti locali con fiere, mostre. Si sono messi in gioco chiedendo al loro Comune di aiutarli ad organizzare eventi e coinvolgendo adulti e turisti nel periodo estivo. Avrebbero voluto parlare con la Regione di questo e di quali politiche adottare in aiuto del basso Polesine!
I più grandi dell’IPSIA Cristoforo Colombo di Porto Tolle hanno affrontato il tema del gioco d’azzardo, guidati dalla loro insegnante Armanda Tosato. Con delle slide Mauro Pezzolato, Simone Terrassan e Mirco Boscolo, hanno commentano alcuni degli aspetti dell’argomento, definendolo moltiplicatore negativo di economia perché svuota le tasche dei cittadini senza incrementare beni e servizi.
Il gioco d’azzardo può diventare una vera e propria patologia che spinge a giocare in maniera compulsiva, senza badare alla vincita o alla perdita e la dipendenza è assimilabile a quella delle droghe. Il mercato del gioco d’azzardo online ha attualmente un valore pari a 30 miliardi di euro e, secondo le proiezioni degli esperti, dovrebbe raggiungere, entro il 2016, la somma record di 32 miliardi.
Per ricordare il 23 maggio abbiamo voluto un ospite di eccezione: l’Ispettore della Polizia di Stato Angelo Corbo, sopravvissuto alla strage di Capaci e autore di un libro-intervista Capaci, paradossi, omissioni e altre dimenticanze (Diple Edizioni, 2016).
Angelo Corbo ha ascoltato attentamente i progetti, seduto nelle prime file. Invitato sul palco ha confessato che parlare di sé è difficile perché la sua vita è stata segnata quel 23 maggio 1992, da un evento che ha segnato tutta l’Italia, ed è difficile spiegare cosa si può provare a rimanere vivo senza colpa.
Quando si è vittima di un attentato come quello di Capaci, si ha bisogno che lo Stato rimanga accanto, vicino, ma lui e gli altri agenti scampati alla morte: Paolo Capuzza, Giuseppe Costanza e Gaspare Cervello sono stati abbandonati.
Manuel, uno studente, gli ha chiesto perché ha deciso di fare il poliziotto e Angelo ha raccontato la sua storia: nato a Palermo, cresciuto nel quartiere della Noce, famoso per essere stato teatro dell’arresto di Totò Riina, Angelo ha subito prepotenze; non poteva giocare con i coetanei perché i genitori temevano potesse essere coinvolto in affari loschi; ha subito un bullismo vecchia maniera; ha conosciuto e ha giocato nella sua scuola con Claudio Domino, undicenne ucciso dalla mafia nel 1986 perché i suoi assassini temevano avesse visto qualcosa di compromettente. Tutte queste esperienze hanno convinto Angelo a scegliere la divisa al servizio della propria città, regione, dello Stato diventando un poliziotto e sacrificando anche il suo diploma di perito chimico e l’offerta di lavoro ricevuta; ha seguito la vocazione ed è stato assegnato alla scorta del giudice Falcone che, per i giovani della sua generazione a Palermo, era considerato l’eroe che ci avrebbe portato a sconfiggere la mafia.. Quel giorno ha visto l’inferno: persone codarde, dall'alto di una collina, hanno schiacciato un pulsante e hanno provocato un disastro. Sono morte cinque persone, ma potevano essere molte di più. L'auto su cui viaggiava Angelo aveva superato da poco un autobus con ragazzi che rientravano da una gita; se quell’autobus si fosse trovato in quel punto dell’autostrada alle 17.58, il pulsante sarebbe stato premuto ugualmente, perché la vita di tanti ragazzini non vale niente, per persone che non hanno nessuna dignità.
Hanno poi preso la parola i giovani del Liceo scientifico Giordano Bruno di Mestre. Michele Antelli, Valeria Busani e Walter Cappello erano accompagnati dalla loro insegnante, Irene Raspanti e dall’assessore alla Sicurezza del Comune di Venezia, Giorgio D’Este, che ha salutato il pubblico, aggiungendo che gli amministratori hanno il dovere di stare vicino ai giovani e confermando il suo impegno in futuro. I giovani mestrini si sono occupati della sicurezza in città.
Con loro anche le giovani sentinelle dell’Istituto Algarotti di Venezia con la docente Patrizia Locatelli, che lo scorso anno hanno partecipato al progetto.
Con l'aiuto delle immagini i ragazzi del Bruno hanno documentato lo stato di degrado in cui versa la cittadina dell’entroterra veneziano rammentando alcuni fatti di cronaca: ogni anno vengono recuperate 10 mila siringhe nei parchi di Mestre e le località Piraghetto, villa Querini, Sabbioni, Bissuola e San Giuliano sono famose per le attività di spaccio e borseggio. I cittadini hanno reagito alla delinquenza con il proliferare di comitati di difesa del territorio.
I ragazzi hanno sottolineato la loro preoccupazione e il loro senso di insicurezza per il degrado in cui versano alcune zone della città. Ciò li ha indotti a sottoporre un breve test ai compagni, da cui sono emersi risultati che imponevano una più ampia riflessione. Hanno pertanto sottoposto un ampio questionario a seicento studenti del loro istituto: il 49% dei ragazzi si sente insicuro a causa della presenza di uomini di culture molto diverse, il 40% teme il traffico di stupefacenti, il 36% gli episodi di ubriachezza. Gli studenti segnalano come degradate le zone di via Piave, la stazione e i parchi. In via Piave il 64% dei maschi e il 79% delle femmine dichiarano che avrebbero paura a girare di notte. Il 52% dei ragazzi è stato testimone o vittima di episodi di ubriachezza, il 41% di liti violenti, il 37% di discriminazione.
I giovani del Bruno vogliono vivere più serenamente la loro quotidianità. Dalle risposte dei loro coetanei emergono proposte come un dispiegamento più marcato delle forze dell’ordine, la sorveglianza/chiusura notturna dei parchi, più telecamere e una riqualificazione delle zone degradate. Rimangono ovviamente essenziali i valori della solidarietà e della coerenza etica.
Quelli della terza C del liceo classico Franchetti hanno proseguito l’analisi dei fenomeni di delinquenza osservati dai loro compagni del Bruno, approfondendo la tematica delle baby gang. A guidarli la loro insegnante, Alessandra Artusi. Parafrasando il titolo del volume Antonino Caponnetto. Eroe contromano in difesa della legalità, hanno dichiarato di sentirsi un po’ contromano, dal momento che l’amministrazione rifiuta la definizione di baby gang. Agnese Fontolan, Alessia Difino e Bianca Bernante hanno ricordato che gli assessori D’Este e Venturini hanno minimizzato il fenomeno, sostenendo che le baby gang non sono in realtà gruppi criminali, ma semplici gruppi di giovani che compiono atti contro la legge senza avere, però, la caratteristica di veri e propri delinquenti. Le immagini con gli articoli di giornale, anche di testate nazionali, dedicati a quanto avviene – specie dopo le otto di sera – nella città di Mestre sembrano smentire i due amministratori. Secondo gli studenti del Franchetti, le cause del fenomeno sono da ricercarsi primariamente in una debole educazione alla cittadinanza, non solo tra i giovani, quando lo Stato perde la capacità di istruire i propri giovani cittadini al rispetto della Costituzione e delle regole del vivere comune.
La sola educazione non sarà, probabilmente, sufficiente, ma avrà un ruolo significativo. Certo, per superare una crisi anche sociale ben più ampia delle semplici baby gang, forse la nostra intera società dovrebbe contemplare l’idea di riorganizzarsi. Ciò che i giovani del Franchetti chiedono, la domanda più importante, quella di fondo all’intero problema è: lo Stato è in grado di dare il via ad una rinascita della società formata da buoni cittadini, responsabili e consci dei propri diritti e, soprattutto, doveri, capaci di “essere comunità”? Inoltre, lo Stato ritiene ancora necessario investire nell’educazione degli adolescenti generalmente ignoranti in materia di educazione civica e di Costituzione?
Alla conclusione del loro intervento il sipario si è chiuso brevemente e, alla riapertura, Giuseppe, giovane studente del Valle, ha eseguito con un organetto un pezzo di musica popolare calabrese e Andrea lo ha accompagnato con la chitarra. Poi, da dietro le quinte, sono comparsi gli elementi del coro, stringendosi intorno ai ragazzi, dando tutti le spalle al pubblico, a significare l’indifferenza, primo elemento da combattere. Così sono partite le immagini del video realizzato dagli studenti dell’Istituto Valle sul tema dell'indifferenza: uno studente con una maschera bianca osserva scene equivoche e tira diritto. I componenti del coro hanno preso a cantareHallelujah di Leonard Cohen, in ricordo delle vittime di mafia. Pian piano si sono voltati verso il pubblico per invitare a uscire dall’indifferenza. Nelle immagini piovevano biglietti, e così nel teatro, sono volati su chi era seduto in poltrona pezzi di carta con frasi contro la mafia, “pizzini della legalità” come li ha definiti la Fondazione. I biglietti hanno un logo, creato dagli studenti del Valle, in ricordo di questa giornata.
Il coro del tribunale con alcuni studenti di Padova ha proseguito con The sound of silence, brano degli anni Sessanta, a significare l'incomunicabilità. Ancora una volta la musica ha creato emozioni.
Terminata l'esibizione, sono salite sul palco la dirigente, Antonella Visentin, la vicaria Laura Casasola, gli insegnanti Luisa Meneghel, Manuela Mezzacasa, Andrea Sarno, e con loro anche l’assessore comunale alla Trasparenza di Padova, Marina Buffoni. Dopo aver presentato il progetto Grande Arcella, Antonella Visentin ha ricordato la vocazione dell'istituto per l’arte, la bellezza, la creatività, valori che si sposano alla legalità, nel rispetto della dignità della bellezza.
Andrea Sarno ha aggiunto che lavorare con i propri studenti e studentesse alla realizzazione del filmato gli ha dato grandi emozioni, nelle tre intense settimane in cui è stato realizzato, è stato «un bel modo di fare scuola».
Eva a nome dei compagni ha dichiarato che si impegnano a dare maggiore visibilità all’Arcella, esponendo le fotografie dei luoghi ritratti da prospettive inusuali, e indubbiamente suggestive: edifici abbandonati, aree da riconvertire, nuove costruzioni, ad ogni scatto una sfida, una proposta, una speranza.
Laura Cellini e Andrea Papa hanno cantano una ballata e Barbara Lombardi, con un sottofondo musicale di chitarra, ha recitato un madrigale sulla «verità che giunge al cuore; […] l’uomo avrà vita men dura con te, Giustizia, mia dolce creatura».
Non v'era modo migliore di concludere le esposizioni dei ragazzi.
In chiusura hanno preso la parola, prima, il senatore Gianpiero Dalla Zuanna, poi il collega Enrico Cappelletti. Il primo ha lodato gli interventi proposti nella mattinata. La prima lotta alla mafia, deve avvenire nella nostra testa, riferendosi al video del Valle. Ha invitato a non tacere mai, nemmeno all’interno della politica. Il rilancio della scuola, investendovi quattro miliardi di euro, pochi rispetto ai bisogni - ha concluso - è un segnale al Paese. Ha letto “il pizzino della legalità” piovutogli dal cielo: «La mafia dà lavoro ai disoccupati. Combattiamo la disoccupazione». Continuate, ha invitato, e continuiamo insieme.
La Fondazione ha voluto ricordare che i giovani che partecipano ai bandi per lavorare nei musei o nelle mense scolastiche o altri servizi guadagnano 6,20 euro l’ora lordi. Il loro è un compenso da “lavoro nero”, pagato da società che hanno vinto gli appalti e li gestiscono in questo modo con il silenzio e la complicità degli amministratori.
In ultimo, il senatore Enrico Cappelletti ha detto che l’attentato di Capaci ha prima dato agli uomini di allora la sensazione che lo Stato ne uscisse sconfitto, ma con uno sguardo più lungo le idee degli uomini uccisi hanno viaggiato nella testa e nel cuore di tanti, per cui alla fine quell’attentato terribile non è stato una vittoria della mafia, ma dell’antimafia. Non è la mafia che porta la corruzione, ma è la corruzione che crea il terreno fertile alla mafia. La corruzione va combattuta e la politica può fare molto.
Il sindaco Paolo Gallo ha ringraziato la Fondazione e i senatori presenti, mentre l’assessore D’Este ha confermato che sarà a fianco dei ragazzi, proporrà il progetto ad altre scuole della città e li accompagnerà in questo percorso.
L’assessore Franca Mengato ha concluso che col suo sindaco sono sempre presenti, con entusiasmo alle iniziative. Il 3 maggio in Senato i ragazzi hanno parlato col presidente Grasso. I ragazzi sono stati ascoltati e questo è l’esempio che le istituzioni devono dare.
Editore Domenico Bilotta
Responsabile Nazionale Progetto Scuola
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.