A Venezia non ci sono spazi né interlocutori per discutere con i giovani, così è annullato l’incontro
Questo non è un report di scuse ma una denuncia pubblica
Da quasi due mesi rincorriamo gli addetti agli uffici dei Comuni e delle Province, Città metropolitane, Liberi consorzi dei Comuni con la richiesta di ospitare ragazzi e ragazze che sono impegnati in un percorso educativo di cittadinanza attiva. Il percorso promosso dalla fondazione Antonino Caponnetto è stato adottato oramai da dieci anni dalle istituzioni scolastiche che vi aderiscono inserendolo nel proprio Piano dell’offerta formativa.
A sostenere le ragioni del percorso vi sono ben due Protocolli d’Intesa: uno con il Ministero dell’Istruzione nel quale i due soggetti «...si impegnano a promuovere un programma pluriennale di attività per la diffusione della cultura della legalità e del rispetto delle regole e della conoscenza della Carta costituzionale.» L’altro con l’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia in cui fondazione e ANCI si impegnano a promuovere un programma di attività per la diffusione della cultura della legalità, del rispetto delle regole e della conoscenza della Carta costituzionale. In particolare l’ANCI si impegna a favorire la partecipazione di sindaci, assessori o di altri soggetti individuati dagli amministratori locali alle iniziative legate al progetto delle Giovani sentinelle.
Nei contatti di questi ultimi due mesi abbiamo ascoltato ripetere le stesse richieste: non ci sono sale sufficientemente ampie, se ci sono le sale occorre corrispondere un pagamento per l’uso della sala e per usufruire delle attrezzature. Finora abbiamo avuto un atteggiamento estremamente disponibile ricercando in tutti i modi soluzioni accomodanti e molto artigianali, ma gli esiti dell’ultimo appuntamento a Firenze dello scorso 3 maggio ci hanno convinto che la misura è colma.
Ora occorre agire e non parlare, occorrono prese di posizione nette ed essere conseguenti nel denunciare: vogliamo capire se vi è una distinzione elementare, nell’uso delle sale, fra gli interessi privati e quelli pubblici; vogliamo capire se cittadini e cittadine possono chiedere a sindaci, assessori, presidenti di Provincia e consiglieri provinciali di essere accolti nelle sale consiliari e di dialogare e confrontarsi con loro; vogliamo scoprire le ragioni di questa indisponibilità a discutere e dibattere.
Ci sembra contraddittorio questo comportamento di sottrarsi al confronto con i giovani, che è qualcosa di profondamente diverso dalla concessione di un Patrocinio: il confronto è «Mettere di fronte persone o cose, per conoscerne la somiglianza, le affinità, le differenze», il patrocinio, invece, «sostegno da parte di un’istituzione» e i giovani chiedono il primo per essere protagonisti e lo chiedono mentre si ripete quotidianamente che gli stessi sono il futuro del Paese.
Ma quello che lascia basiti è la scarsa sensibilità democratica e la sottovalutazione della questione degli spazi della democrazia. Le nostre sale pubbliche si stanno trasformando in luoghi per eventi privati, i più vari, e la partecipazione dei cittadini è sempre più confinata in ambiti ristretti e angusti. È una vera e propria emergenza democratica perché il confronto pubblico è sostituito da quello virtuale sui social e a ragazzi e ragazze non è permesso di interloquire con chi ha il governo della cosa pubblica.
Dopo aver contattato la Città metropolitana di Venezia non abbiamo avuto risposta alle richieste per i ragazzi di Mira e di Venezia - sembra ormai diffusa la pratica di non rispondere alla stessa posta certificata, equivalente ad una raccomandata, tanto decantata per la celerità degli scambi ma, forse, non per la certezza della risposta - e neanche alle numerose chiamate telefoniche, ai fissi e ai cellulari. Stessa situazione con gli uffici della Regione Veneto che ha risposto in modo imbarazzante.
Fondazione Antonino Caponnetto
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