giovedì 23 marzo 2017

Incontro con le giovani sentinelle di Siracusa

Venerdì  17 marzo si sono conclusi gli appuntamenti delle Giovani sentinelle di Sicilia con i ragazzi e le ragazze di ben sei istituti superiori - Gargallo,  Corbino,  Einaudi, Federico di Svevia, Rizzo e Insolera - e altrettanti Istituti comprensivi - Santa Lucia, Archia, Giaracà, Paolo Orsi, Vittorini e Martoglio - di Siracusa. Siamo grati a  Elena Giampapa, nostra referente per la provincia di Siracusa, per l’ottimo coordinamento che ha permesso di procedere speditamente e con grande partecipazione ed entusiasmo all’incontro con gli amministratori locali.

Le dodici scuole avevano espresso il desiderio di partecipare al nostro progetto, nonostante fossero in ritardo avendo iniziato il percorso in gennaio, e con grande impegno e determinazione hanno recuperato lavorando sodo e con passione per essere pronti a questo appuntamento e al prossimo del 28 aprile, insieme alle altre scuole di Sicilia, ospiti al teatro Politeama di Palermo per discutere e confrontarsi con gli amministratori della Regione.

Ad alimentare il loro desiderio di proseguire in questo percorso di cittadinanza il clima di entusiasmo e di coinvolgimento che hanno sperimentato durante l’incontro. Infatti le loro parole hanno trovato orecchi attenti e interlocutori disponibili a dare il giusto valore al protagonismo di studenti e studentesse.

L'auditorium della scuola Insolera era pieno zeppo di ragazzi e ragazze con le loro insegnanti, con loro anche le Forze dell'ordine. A dare il benvenuto è stata Maria Ada Mangiafico, dirigente scolastico dell’istituto che ha ospitato l’appuntamento, che si è soffermata sui valori della partecipazione, sul significato  della legalità. È stata poi la volta dell'assessore comunale alle Politiche Educative, Valeria Troia, che ha porto il saluto dell’amministrazione e apprezzato il lavoro dei giovani su un tema così rilevante come quello della legalità.

Tanti i temi affrontati da studenti e studentesse:  cyberbullismo,  analisi della mafia e della criminalità organizzata, memoria storica delle tante vittime di mafia, lavoro nero. Divisi in gruppi, ragazzi e ragazze hanno approfondito gli argomenti, frutto di impegno e di coraggio da parte della scuola e delle insegnanti che li hanno guidati con accortezza e competenza. Nei loro ragionamenti è emersa anche la delusione per i tanti che non compiono il proprio dovere.

Parlando di uomini di mafia alcuni ragazzi hanno affermato che, all'interno della stessa famiglia mafiosa, ci sono scelte diverse: ad esempio Totò Rina e il figlio maggiore sono definiti criminali ma il figlio minore ha fatto la scelta di stare nella legalità! Analogamente il figlio di Bernardo Provenzano non è stato mai coinvolto in attività criminali e oggi fa il tour operator per una agenzia di viaggi di Boston! Questi ragionamenti sono purtroppo l’effetto di certa informazione irresponsabile che, sotto le apparenze della completezza, dà spazio anche ai mafiosi o a chi è imbevuto di cultura mafiosa. Lo scorso anno Bruno Vespa ha intervistato il figlio di Totò Riina, invitato sulla prima rete televisiva a presentare un suo libro, senza che il conduttore facesse una domanda “scomoda”: ad esempio sugli assassinii di tanti uomini dei quali il padre è stato il mandante o l’esecutore. Ma il giornalista non è il solo ad avere colpe: chi ha autorizzato quella scellerata intervista e la presentazione del libro, come se il figlio di Totò Riina fosse un autore qualsiasi, è ancora più colpevole del giornalista perché non si è reso conto della gravità della scelta. Trasmettere l’intervista e la presentazione del libro significava accreditare un uomo che non ha rinnegato la mafia, che non ha pronunciato una sillaba sulle ingenti somme di denaro riciclato che hanno permesso a lui e alla propria famiglia una vita di agi, e significa che tutte le enormi ricchezze accumulate con il delitto da Totò Riina possono essere tranquillamente rimesse in circolazione dal figlio purché non si sia macchiato di delitti.

Sempre nello stesso periodo dello scorso anno giornali e televisione ci hanno regalato un altro scoop: Angelo Provenzano è stato ingaggiato da un’agenzia di viaggi di Boston per guidare turisti alla ricerca dell’emozione forte sui luoghi di mafia, come se quei luoghi fossero parte di un set cinematografico! Nessuno che chiedesse ad Angelo la disponibilità ad accompagnare i turisti sui luoghi teatro di esecuzioni mafiose!

Sarebbe facile citare l’esempio luminoso di Peppino Impastato, ma crediamo di fare un torto al giovane dei Cento passi solo mettendo una accanto all’altra le due vicende!

Abbiamo sperato invano la nostra richiesta che dal Ministero dell’Istruzione facesse sentire la sua voce per il cattivo esempio offerto dalla televisione pubblica. E il nostro disappunto è cresciuto quando i ragazzi e le ragazze dei due istituti di Corleone hanno musicato e interpretato i testi di due canzoni - No alla mafia e Io sono Corleonese - nella sala consiliare del loro Comune, e gli inviti ripetuti a stampa e televisioni, perché dessero lo spazio che meritavano a quei giovani coraggiosi, a quei cittadini esemplari che sfidavano antiche paure e il giogo della mafia, sono caduti nel vuoto. Nessuno ha risposto al nostro appello, non abbiamo visto alcun giornalista, né abbiamo letto o ascoltato qualche servizio sulla carta stampata o in televisione. Né alcuna troupe della RAI è intervenuta a documentare l’evento! La scuola, gli insegnanti, i ragazzi e le ragazze sono rimasti soli, professori e professoresse, maestri e maestre sono stati gli unici a rappresentare lo Stato, quei giovani hanno visto lo Stato nelle facce familiari dei propri insegnanti.

Dopo l’intervista al figlio di Riina trasmessa dalla RAI invece giornalisti televisivi e della carta stampata si sono catapultati in Sicilia per intervistare mafiosi e figli di parenti di mafiosi per illustrare la giornata tipo di un mafioso, mettendo in imbarazzo la scuola, gli insegnanti, i ragazzi e le ragazze che si sono chiesti cosa interessa di più: la legalità o la mafia? da che parte stanno la Rai e i Media? A Siracusa abbiamo toccato con mano gli effetti ad un anno di distanza.

Nessuno ha informato i ragazzi di quella che è stata una farsa, nessuno ha informato la ragione del silenzio di Riina e di suo figlio maggiore, forse perché mentre i padri pagano con il carcere, i figli minori devono gestire i beni della famiglia? E quando diciamo beni di famiglia diciamo beni sottratti con la violenza e sono beni del nostro Paese!

Questa informazione così accomodante e corriva è responsabile della grande confusione sui valori di questi nostri tempi: educare alla legalità e alla cittadinanza non significa semplicemente formare al rispetto formale delle regole – tale rispetto sarebbe ben poca cosa! - mentre ai cittadini è richiesto di più, molto di più: è richiesto un sentimento di empatia nei confronti del prossimo, la condivisione di valori e principi, a cominciare dal rispetto dell’uomo, della sua integrità, di prendersi cura dell’ambiente in cui vivono e dei beni che appartengono a tutti. Sono le condizioni minime per una cittadinanza degna di tale nome. Ai figli di Riina, Provenzano e dei tanti altri mafiosi che hanno fatto scelte diverse dai propri padri chiediamo cosa pensano dei delitti imputati ai propri genitori, sono in grado di dissociarsene apertamente e senza equivoci o retorica? Altrimenti ci troviamo di fronte allo spettacolo che hanno offerto tanti giornalisti di una retorica falsa e dell’assenza di qualsiasi principio di responsabilità.

Molto c'è da fare e da dire e non solo con il progetto delle Giovani sentinelle, ma occorre dare voce e corretta informazione.

La Fondazione è e sarà accanto ai giovani di Siracusa, per fare chiarezza con loro di tanta retorica e di tanta falsa cittadinanza. La Fondazione proseguirà nel suo impegno anche tra le difficoltà e le ristrettezze delle risorse perché convinta, con Antonino Caponnetto, che le battaglie in cui si crede non sono mai perse.

Proseguiremo con tutti coloro che condividono valori e ideali del giudice, senza fare distinzioni o guardare agli orientamenti dell’uno o dell’altro, certi che questo nostro Paese potrà riemergere grazie agli uomini e alle donne di buona volontà.

Con noi sarà Angelo Corbo, ispettore di polizia e agente di scorta di Giovanni Falcone, che è insieme alla Fondazione a testimoniare i valori e i principi, la vita e la morte di un giudice, ma anche i valori, i principi e la vita di un uomo che, come lui, ha compiuto il proprio dovere.

Dopo aver puntualizzato con chiarezza il nostro punto di vista, aver risposto alle domande e sollecitato ragazzi e ragazze alla riflessione ci siamo dati appuntamento per il 28 aprile a Palermo, al teatro Politeama.


PS

Le richieste che ci giungono dalla Sicilia ci impongono sforzi straordinari. Per queste ragioni proporremo, come già accaduto in Toscana, all’Ufficio scolastico regionale della Sicilia e alla sua dirigente, dott.ssa Altomonte, di ospitare tre incontri in tre città diverse della regione in cui la Fondazione abbia la possibilità di illustrare ai referenti legalità di ogni istituzione scolastica le articolazioni del progetto in modo da raggiungere un numero più grande di scuole e di studenti e studentesse.


Editore Domenico Bilotta

Responsabile Nazionale Progetto Scuola

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